Ara funeraria cilindrica in trachite, con ampia cavità circolare ricavata sulla faccia superiore e finalizzata alla deposizione delle ceneri.
L'ara presenta una cornice di coronamento molto semplice, costituita dalla sequenza listello-gola rovesciata. Sul fusto è scolpita una teoria di tre Menadi danzanti. Le iconografie qui adottate sono strettamente connesse con quelle dell'ara cilindrica votiva conservata nella stessa sala (Inv. nr. 248A), in particolare per quanto riguarda lo schema adottato nella terza Menade dell'ara votiva, caratterizzata dall'ampio lembo di drappeggio trattenuto tra le mani e qui ripreso nelle Menadi nr. 1 e 2. La Menade nr. 3 del monumento funebre adotta, invece, il tema della timpanistria, con capo rovesciato all'indietro, braccio sinistro sollevato a reggere lo strumento, braccio destro abbandonato all'indietro che sembra stringere dei serpentelli, attributi tipici dei seguaci di Dioniso.
Come precisa la Ghedini, meno convincente risulta l'ipotesi di alcuni studiosi secondo cui l'ara funebre rappresenterebbe Eroti o putti.
Ambito Culturale
Ambito romano, produzione locale
Cronologia
II secolo d.C., prima metà sec.
Materiale e Tecnica
Trachite, scultura a bassorilievo e incisione
Dimensioni
Altezza: 50 cm
Diametro: 45 cm
Collocazione
Museo Archeologico
sala VIII; settore 3
Inventario
248B
Stato di conservazione
Mutilo
Specifiche di reperimento
Provenienza sconosciuta. Visto che si ipotizza una provenienza da Padova per l'ara cilindrica votiva (Inv. nr. 248A) e che si suppone una derivazione comune delle due are, è possibile che anche quest'ara provenga da Padova.
Osservazioni
Come precisa la Ghedini, il tipo di materiale e di monumento, la scelta del soggetto, lo stile del rilievo e la disposizione delle figure giustificano un accostamento tra quest'ara funeraria e l'ara votiva (Inv. nr. 248A), ma non nel senso che costituissero un unico monumento, come venne supposto inizialmente, tanto che le due are vennero disposte l'una (248A) sull'altra (248B) all'interno del lapidario,quanto, piuttosto, supponendo per entrambe la provenienza dalla stessa bottega, e forse anche dalla stessa mano. N.B. Il fatto che le due are qui menzionate siano state inizialmente considerate parte del medesimo monumento spinse i primi studiosi ad attribuire ai due pezzi lo stesso numero di inventario (248), come risulta all'interno dell'Inventario della raccolta lapidaria del Museo (Catalogo Illustrato del Lapidario dal 1897 al 1927). Al fine di ben distinguere i due pezzi si è deciso, in questa sede, di nominare le due are rispettivamente 248A e 248B.