Erma in marmo, posteriormente piana.
L'erma rappresenta il dio Hermes, dal volto largo, di forma rettangolare, accentuato anche dalla barba massiccia. La fronte è bassa e limitata superiormente, lungo una linea arcuata, da una triplice corona di riccioli chioccioliformi che scende sino all'altezza delle orecchie. Tale acconciatura è separata, per mezzo di una specie di diadema, dal resto dei capelli che scendono dalla calotta cranica in striature ondulate. La bocca è resa senza l'indicazione delle labbra, i baffi sono lunghi e ondulati e perfettamente simmetrici, così pure le ciocche laterali della barba che si presenta piuttosto piatta e compatta. Nei tratti iconografici dell'erma si riconoscono le caratteristiche distintive dell'Hermes Propylaios, attribuito ad Alkamenes e considerato capostipite di una numerosissima serie di erme barbate.
Ambito Culturale
Ambito romano, da prototipo classico greco
Cronologia
Tra il 69 d.C. e il 79 d.C.
Materiale e Tecnica
Marmo / scultura e incisione senza uso del trapano
Dimensioni
Altezza: 14,8 cm
Larghezza: 10 cm
Spessore: 7,5 cm
Si riporta anche l'altezza massima della testa, dalla estremità della barba alla sommità del capo: cm 13,8.
Collocazione
Museo Archeologico
sala VIII; settore 5
Inventario
843
Stato di conservazione
Mutilo
Dati di scavo
Scavi in via Codalunga
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L'erma proviene da Padova, dagli scavi in via Codalunga.
Osservazioni
Circa la destinazione d'uso dell'erma, la presenza di un piccolo foro alla sommità del capo e di uno sulla base fa supporre ci fossero altri elementi cui l'erma era collegata e la superficie posteriore piana, con patina antica, suggerisce l'esistenza di un appoggio. Questi elementi, uniti alle dimensioni, indurrebbero a ricollegarla alle erme trapezoforo, ma l'eleganza e la cura della forma fanno dubitare di tale ipotesi. L'erma infatti è un buon esempio di artigianato colto, in grado di copiare minuziosamente, pur senza grande forza espressiva, i modelli della grande tradizione classica (si veda anche Inv. nr. 366). ll pezzo è stato inventariato all'interno del Catalogo Illustrato del Lapidario dal 1929 al 1978 (II Volume contenente nn. inv. da 620 a 950).