Erma in marmo, accuratamente lisciata sul retro.
L'erma rappresenta il dio Dioniso. Il volto barbato è largo e piuttosto appiattito, soprattutto nella parte centrale dove gli zigomi sono appena accennati e gli occhi grandi e superficiali sono sormontati da arcate sopracciliari scarsamente aggettanti. Gli occhi, a bulbo liscio, sono molto grandi e piuttosto asimmetrici, con le palpebre segnate superiormente da una doppia incisione. La barba abbondante è resa a ciuffi gonfi e simmetrici, i lunghi baffi scendono ai lati della bocca con le punte arricciate verso l'esterno. I capelli sono divisi al mezzo in due bande ondulate, mentre il capo, cinto da una corona di foglie, è ornato da un basso diadema. I tratti piuttosto generici e il volto largo dall'espressione solenne richiamano modelli e schemi caratteristici dell'iconografia di Zeus e di Hermes, ma l'acconciatura permette di riconoscere nell'erma un'immagine di Dioniso. La scelta di Dioniso, nell'accezione di divinità della vegetazione, rende più pregnante il significato apotropaico dell'erma quale protezione e difesa della fertilità dei campi.
Ambito Culturale
Ambito romano, da prototipo greco
Cronologia
II secolo d.C., prima metà sec.
Materiale e Tecnica
Marmo / scultura e incisione, con uso di trapano corrente e scalpello
Dimensioni
Altezza: 14,9 cm
Larghezza: 11 cm
Spessore: 6,5 cm
Collocazione
Museo Archeologico
sala VIII; settore 5
Inventario
844
Stato di conservazione
Mutilo
Specifiche di reperimento
Nel Catalogo Illustrato del Lapidario viene indicata la provenienza da viale Codalunga.
Osservazioni
La superficie posteriore lisciata lascia supporre che l'erma fosse appoggiata ad una superficie piana, con funzione decorativa, connessa ad altri elementi. F. Ghedini afferma come il cospicuo numero di erme presenti a Padova possa forse giustificarsi con l'esistenza in loco di un tempio, fatto erigere da M. Junius Sabinus, con la facciata tutta decorata di teste caprine e di erme marmoree. Senza supporre che le erme appartenessero a quel tempio, la studiosa ipotizza che tale monumento abbia condizionato il gusto dei patavini, orientandolo all'uso ripetuto di erme con varia funzione. ll pezzo è stato inventariato all'interno del Catalogo Illustrato del Lapidario dal 1929 al 1978 (II Volume contenente nn. inv. da 620 a 950).