Lastra da altare in marmo (nell'Inventario della raccolta lapidaria del Museo si parla di marmo lunense), raffigurante una scena di sacrificio.
			Sulla destra del rilievo è scolpito il gruppo dei due vittimari con il toro, sulla sinistra sono visibili il sacrificante nel gesto tipico di versare la libagione sul tripode, un camillus che tiene nelle mani un oinochoe ed una patera dal lungo manico, in secondo piano si nota, infine, un suonatore di flauto. Il fondo su cui si stagliano le figure è leggermente concavo e presenta una lisciatura abbastanza accurata, risulta, invece, appena sgrossata la fascia di base, ove si vedono chiaramente i colpi di scalpello a punta grossa. La lastra è profilata da una modanatura costituita da un listello piatto e da una gola rovesciata, sulla faccia superiore è ancora visibile, inoltre, un piano piatto e lisciato, su cui restano tracce di un ripiano più alto, probabilmente il coronamento. Non è possibile stabilire la divinità cui l'altare fu dedicato in quanto mancano nel rilievo dei riferimenti specifici, né si può escludere che l'altare fosse dedicato ad un imperatore.
			
			
			
							
								
												
			
								Ambito Culturale
						Ambito romano, italico-settentrionale
 
												Cronologia
						II secolo d.C, seconda metà sec.
 
												Materiale e Tecnica
						Marmo / bassorilievo
 
				
								
					Dimensioni
					Altezza: 100 cm 
Larghezza: 130 cm 
Spessore: 13,5 cm 
				  
								
												
								
				
								
				
								
								
				
								Collocazione
						Museo Archeologico
sala VIII; settore 1
 
								
								
								
								Stato di conservazione
						Mutilo
 
								
								
								Specifiche di reperimento
						 La lastra fu donata al Museo nel 1829 da Giuseppe Antonio Bonato.
 
								
								
								
				
								
								Osservazioni
						Nonostante la provenienza sia ignota, in quanto mancano i dati di scavo, l'iconografia della scena si ritrova assai di frequente nell'arte romana, mentre lo stile legnoso delle vesti, delle acconciature e della modellatura dei visi rivelano un'origine provinciale italico settentrionale; è probabile, in tal senso, una provenienza da Padova. 
Il pezzo è stato inventariato all'interno del Catalogo Illustrato del Lapidario dal 1897 al 1927.