Balsamario in vetro incolore con riflessi verdognoli-giallastri, pasta trasparente. Presenta labbro leggermente svasato con orlo deformato e tagliato, alto collo cilindrico strozzato alla base; corpo quasi cilindrico leggermente allargantesi verso il fondo arrotondato a base lievemente concava.
La forma è riconducibile al tipo 8 della Isings, variante 8/28 (per le altre classificazioni si veda Zampieri 1998, pp. 86-87) e rientra nel gruppo di balsamari caratterizzati dal collo più lungo del ventre.
Ambito Culturale
Ambito romano, produzione locale
Cronologia
I secolo d.C., seconda metà sec.
Materiale e Tecnica
Vetro / vetro soffiato a mano libera
Dimensioni
Altezza: 8 cm
Diametro: 1,7 cm
Diam. orlo: cm 1,7; diam. max.: cm 2,2.
Collocazione
Museo Archeologico
sala V; settore 8
Inventario
1521M
Stato di conservazione
Integro
Specifiche di reperimento
Provenienza da Monselice (PD)?
Osservazioni
Si tratta della forma di balsamario più documentata all'interno della collezione museale (78 pezzi su un totale di circa 220), il tipo, con alcune varianti morfologiche, è del resto il più diffuso in tutte le regioni dell'impero romano nel corso del I secolo d.C., con un periodo di massima diffusione in età flavia. Generalmente è realizzato in vetro verdeazzurro di medio spessore, particolarmente spesso sul fondo, talvolta malamente depurato e con difetti di lavorazione: caratteristiche che fanno pensare a una produzione di routine, frettolosa e trascurata. La provenienza dell'esemplare in esame è ignota, tuttavia la maggior parte degli altri pezzi esposti proviene da contesti tombali, a conferma del loro importante impiego come contenitori per balsami e profumi nel rituale funerario (anche se essi venivano solitamente utilizzati quali contenitori di olii e unguenti per la preparazione ad esercizi sportivi). Il numero dei ritrovamenti dalle necropoli patavine e l'omogeneità della tecnica di produzione, compresi colore e dimensioni, inducono a ipotizzare l'esistenza di una manifattura locale, considerate anche l'importanza del centro di Padova in età romana e la qualità scadente di un numero così elevato di pezzi, che non giustificherebbe la loro importazione da altre regioni lontane. Il pezzo è stato inventariato all'interno dell'Inventario Cordenons 1900-1992 (Catalogo di Raccolte Archeologiche-Antichità preromane e romane).