Stele quadrangolare in trachite, conservata integralmente eccetto per il maschio d'incastro.
La nicchia a cassetta (h. nicchia: cm 43, lungh.: cm 109, largh.: cm 10 cm) ospita i ritratti dei quattro defunti, al di sotto di essa una cornice sagomata contiene invece l'iscrizione. Il tipo sembra rifarsi ad uno schema diffuso nel mondo funerario romano della fine della repubblica e degli inizi dell'epoca augustea, che forse imita l'armarium, laddove erano esposte le imagines maiorum.
I busti, completamene nudi, sono limitati all'attacco delle spalle e resecati a linea curva. Ben conservato è il ritratto di Caio Oppio: uomo di età matura, dall'espressione intenta e viva e dai caratteri fisionomici che risentono, in particolare, di quella corrente detta del naturalismo temperato che dominò la ritrattistica colta dalla metà del I sec. a.C. Accanto a lui è posta la moglie Rutilia, dal volto abbastanza rovinato ma somigliante a quello del marito nella forma squadrata e vagamente trapezoidale, nei lineamenti, in particolare il taglio degli occhi allungati e la bocca serrata, e in alcuni particolari fisionomici. L'acconciatura ricorda le pettinature femminili di epoca classica ed è la medesima che presenta anche Cassia, alla sua sinistra. Il volto di questo ritratto femminile, così come del marito Caio Oppio figlio, alla sua sinistra, risultano purtroppo quasi del tutto illeggibili.
La cura con cui sono accentuati alcuni particolari fisionomici e l'espressività inconsueta del volto denunciano per quest'opera la mano di uno scalpellino permeato dell'arte urbana "colta" e ancora sensibile a quella corrente del naturalismo temperato che dominò la ritrattistica della fine dell'età repubblicana.
Ambito Culturale
Ambito romano, produzione locale
Cronologia
I secolo d.C. (Bassignano 2016), prima metà sec.
Materiale e Tecnica
Trachite, scultura a altorilievo e incisione
Dimensioni
Altezza: 141 cm
Larghezza: 118 cm
Spessore: 32 cm
Collocazione
Museo Archeologico
sala IX; settore 27
Inventario
254
Stato di conservazione
Integro
Specifiche di reperimento
La provenienza è sconosciuta, ignoti i dati di scavo.
Osservazioni
La Gasparotto ritiene che la stele sia di provenienza locale, visto l'impiego di trachite euganea di tipo granuloso, tipico di alcune falde più esposte al sole dei monti di Zovon o della zona di Montegrotto. La stele proviene dalla raccolta Bassani (fam. Maggi da Bassano) e fu trasportata al Museo nel 1825. Secondo quanto riporta la Gasparotto il monumento era conservato in una casa di Padova già dalla prima metà del XVI sec., in particolare, il Pingonius la dà come esistente nella casa di Benedetto Bertoldo in Padova, mentre lo Scardeone la considera già in casa Bassani (Fam. Maggi da Bassano), da cui poi giunse, come già detto, al Museo Civico. Si veda in tal senso anche il CIL V, 3002. Il pezzo è stato inventariato all'interno del Catalogo Illustrato del Lapidario dal 1897 al 1927.