Ara cilindrica votiva in trachite.
Sullo snello fusto è scolpita a rilievo una teoria di Menadi danzanti, i cui schemi compositivi denunciano la loro appartenenza al ricco repertorio del thiasos dionisiaco, creato da Callimaco alla fine del V sec. a.C. Al centro è raffigurata una timpanistria che incede accentuando quel movimento ad arco, che si conclude nel capo, audacemente riverso all'indietro, tipico della danzatrice sfrenata nella mistica ebbrezza. Verso di lei avanza una Menade più composta, raffigurata di trequarti, la testa rivolta allo spettatore. Essa regge il tirso nel braccio destro alzato e i cembali ed un serpentello nella mano sinistra, abbandonata lungo il corpo. In posizione simmetrica rispetto all'asse che si incentra sulla figura della timpanistria è la terza Menade, che procede danzando verso il centro, il capo volto indietro e in basso, il braccio sinistro alzato sopra la testa a reggere un lembo di un amplissimo velo. Il cilindro è decorato con una cornice di coronamento assai semplice, costituita da un listello seguito da una gola rovesciata, mentre superiormente la superficie si presenta piana con un grosso foro al centro, che attraversa l'intero cilindro e comunica con l'esterno tramite un altro foro posto al di sotto della veste della terza Menade. Il significato di tale foro, e dunque dell'ara, non è chiaro: alcuni studiosi hanno proposto una funzione funeraria del monumento, ritenendolo strettamente connesso all'ara funeraria Inv. 248B (si veda ivi, la sezione Osservazioni), ma sembra più probabile, come precisa la Ghedini, una destinazione votiva, forse in connessione con qualche culto dionisiaco: il foro sarebbe servito, in questo caso, a smaltire i liquidi che venivano versati sopra l'altare.
Ambito Culturale
Ambito romano, produzione locale
Cronologia
II secolo d.C., prima metà sec.
Materiale e Tecnica
Trachite, scultura a bassorilievo e incisione
Dimensioni
Altezza: 66 cm
Diametro: 40 cm
Il foro superiore interno ha un diametro di cm 18, che si congiunge ad altro foro interno del diametro di cm 16.
Collocazione
Museo Archeologico
sala VIII; settore 4
Inventario
248A
Stato di conservazione
Mutilo
Specifiche di reperimento
Provenienza sconosciuta. Si ipotizza una provenienza da Padova.
Osservazioni
Da segnalare come l'ara fosse già nota a Padova forse prima della metà del Quattrocento: gli schemi di due delle tre Menadi danzanti si trovano puntualmente riprodotti, infatti, in un disegno di Jacopo Bellini oggi conservato al Louvre. Da segnalare, inoltre, come le iconografie adottate siano strettamente connesse con quelle dell'ara cilindrica funeraria conservata nella stessa sala (Inv. nr. 248B), in particolare per quanto riguarda lo schema adottato nella terza Menade, ripreso nell'ara funeraria in due delle tre figure. Come precisa la Ghedini, il tipo di materiale e di monumento, la scelta del soggetto, lo stile del rilievo e la disposizione delle figure giustificano un accostamento tra quest'ara votiva e l'ara funeraria (Inv. nr. 248B), ma non nel senso che costituissero un unico monumento funerario, come venne supposto inizialmente, tanto che le due are vennero disposte l'una (248A) sull'altra (248B) all'interno del lapidario, quanto, piuttosto, supponendo per entrambe la provenienza dalla stessa bottega, e forse anche dalla stessa mano. N.B. Il fatto che le due are qui menzionate siano state inizialmente considerate parte del medesimo monumento spinse i primi studiosi ad attribuire ai due pezzi lo stesso numero di inventario (248), come risulta all'interno dell'Inventario della raccolta lapidaria del Museo (Catalogo Illustrato del Lapidario dal 1897 al 1927). Al fine di ben distinguere i due pezzi si è deciso, in questa sede, di nominare le due are rispettivamente 248A e 248B.