Sonda (spathomela) a spatola in bronzo con stelo a sezione circolare. Corpo sottile liscio, con impugnatura a tre anellini in rilievo, che termina a un'estremità con un nulceo "ad oliva", all'altra con una spatoletta allungata e piatta.
Si conservava all'interno dell'astuccio, insieme ad altri sei strumenti del tipo che veniva comunemente usato in medicina, farmacia e, secondariamente, nel settore della cosmesi per mescolare polveri e unguenti: con la parte cilindrica, o "ad oliva", si miscelava e amalgamava, con l'estremità "a spatola" si versavano i medicamenti sulle ferite.
Ambito Culturale
Ambito romano, produzione locale
Cronologia
Epoca romana sec.
Materiale e Tecnica
Bronzo / fusione piena
Dimensioni
Lunghezza: 16,5 cm
Collocazione
Museo Archeologico
sala V; settore 9
Inventario
892
Stato di conservazione
Integro
Osservazioni
Datazione incerta: il genere di produzione è attestato durante tutta l'epoca romana. C. Gasparotto ritiene questi strumenti decisamente chirurgici-oculistici, ipotesi collegata forse anche al luogo di rinvenimento, vicino alle terme aponensi, ancora attive nel VI secolo d.C., dove, secondo la studiosa, si suppone vi fosse una clinica oculistica. Altri studiosi sostengono che strumenti simili a questi potevano avere una destinazione chirurgica generica ma non un impiego nell'oftalmochirurgia; altri ancora che servissero ad applicare unguenti o polveri speciali sulle ferite (specie degli esemplari a spatola, spathomele o spathomela), o che venissero usati nella cosmesi personale, specie nella toletta delle signore. Uso secondario, però, era forse quello cosmetico e di cura della bellezza così pure quello di preparare e mescolare colori per dipingere. La scheda in esame è connessa alla scheda madre (Inv. n. 892, Ingr. n. 119741), insieme ad altre sei schede (Ingr. n. 119742-119744 e 119746-119748). Si tratta infatti di sette strumenti chirurgici e di cosmesi (quattro spatoline e tre sonde a spatola), rinvenuti all'interno dell'astuccio, catalogato nella scheda madre.