Statua anepigrafa raffigurate una donna leontocefala, assisa su un trono con bassa spalliera e base pertinente pseudo-rettangolare con parte anteriore stondata.
La figura indossa una parrucca tripartita, un collare a più giri di vaghi e una veste aderente che lascia scoperti i piedi nudi.
Le braccia sono accostate al corpo (nonostante le lacune del braccio sinistro) e le mani appoggiate alle ginocchia: quella sinistra stringe nel pugno un amuleto che appoggia sulla gamba corrispondente, mentre la destra è stesa sulla coscia.
La dea, considerata figlia di Ra, incarnava le radiazioni solari, benefiche per l'Egitto ma potenzialmente devastanti per chi si ribellava all'ordine divino. Il suo nome, Sekhmet, significa "la potente" e si riferisce al suo carattere irascibile e al suo aspetto selvaggio e distruttivo: è infatti colei che aiuta il sovrano in battaglia e che, con il suo respiro infuocato, diffonde malattie ed epidemie tra le linee nemiche.
Ambito Culturale
Ambito egizio
Cronologia
Nuovo Regno - XVIII dinastia sec.
Materiale e Tecnica
Pietra/ incisione/ levigatura
Dimensioni
Altezza: 225 cm
Larghezza: 53 cm
Profondità: 99 cm
Collocazione
Collezione egizia
sala XI
Stato di conservazione
Intero
Specifiche di reperimento
Rinveuta da Giovanni Battista Belzoni nel corso delle indagini a Tebe, nel tempio di Mut a Karnak.
Osservazioni
Nella lettera con cui Giovanni Battista Belzoni dona alla città le due statue di Sekhmet, una delle quali oggetto di questa scheda, chiede espressamente che vengano collocate al Palazzo della Ragione, ai due lati del portone orientale. Entrambe furono portate nella sede degli Eremitani nel 1985.