Ciò che colpisce immediatamente il visitatore è la vastità  del Salone tanto che il grande cavallo ligneo, posto sul fondo, non si nota subito; quando poi l'occhio si è abituato alla luce interna, allora comincia a sfilare davanti al nostro sguardo l'immenso mondo di immagini che vive sulle pareti (circa 217 metri lineari di affreschi).
Nel 1218-19 viene costruito questo Palazzo con lo scopo precipuo di riordinare i mercati e offrire una sede all'amministrazione della giustizia.

L'interno del primo piano, al quale si accede mediante quattro scale esterne, era occupato inizialmente da tre grandi sale, nelle quali si amministrava la giustizia, dagli uffici del Sigillo e dell'Esattoria, nei lati minori, e dalla cappella di San Prosdocimo. La copertura dell'intero complesso era a capriate sostenute lungo l'asse maggiore da poderose colonne lignee rivestite di cuoio.
Questo edificio, innalzato nel Duecento, era ben diverso all'interno dall' attuale che si configura dopo l'intervento di fra Giovanni degli Eremitani nel 1306-09.
L'operazione avvenne nell'intento di qualificare l'immagine del palazzo in modo congeniale alla sua destinazione di sede dell'amministrazione della giustizia. Dopo aver innalzato i muri di circa sei metri, l'architetto progettò una nuova copertura in modo da costituire, con l'aiuto della decorazione pittorica, un vero e proprio cielo, con le stelle e i pianeti. Questo vasto piano iconografico, che traeva ispirazione dall'astrologia giudiziaria di Pietro d'Abano, professore di medicina e di filosofia naturale nello Studio di Padova dal 1306, fu realizzato da Giotto e dai suoi collaboratori (1315-17); in seguito vi avrebbe lavorato anche Giusto de' Menabuoi.
L'ampia copertura era sostenuta da 116 costoloni di larice, che poggiavano su un grosso bordonale (trave) e su mensole, collegati al centro da una lunga trave; le spinte laterali erano neutralizzate da catene in ferro. I costoloni reggevano un tavolato rivestito all'esterno di piombo. Purtroppo un incendio, devastò il Palazzo della Ragione il 2 febbraio 1420, distruggendo completamente la volta.

L'immediata ricostruzione fu affidata all'ingegnere navale Bartolomeo Rizzo, che rifece tale e quale la volta a carena di nave, rinforzò con una serie di volte a crociera i pavimenti e le logge, infine eliminò al piano superiore tutti i muri divisori creando un'unica sala com'era forse nelle intenzioni di fra Giovanni degli Eremitani. Ad opera del pittore padovano Nicolò Miretto e di Stefano da Ferrara, furono rifatti gli affreschi; alla metà  del secolo i lavori erano ultimati. Nella seconda metà  del Quattrocento intervenne nella fascia inferiore del ciclo pittorico Jacopo da Montagnana e nel Cinquecento Domenico Campagnola.
Il 17 agosto 1756 un turbine scoperchiava quasi completamente la volta e arrecava ancora danni al ciclo pittorico.
La ricostruzione della volta si concluse nel 1759 mentre il restauro di tutto il ciclo, iniziato dal pittore Francesco Zannoni il 27 luglio 1762, si concluse il 27 settembre 1770, senza che però venisse rifatto il famoso cielo punteggiato da oltre settemila stelle.
Nel 1837, nel lato occidentale, venne collocato il grande cavallo ligneo donato alla città  dalla famiglia Capodilista. Realizzato nel 1466 per una giostra, fu ospitato fino allora nell'atrio di Palazzo Capodilista in via Umberto I. Non fondata l'attribuzione a Donatello, ebbe la testa e la coda rifatti da Agostino Rinaldi sul modello del cavallo del monumento Gattamelata in Piazza del Santo. L'iscrizione sul basamento ricorda la donazione.

Nell'angolo nord orientale è collocata la pietra del vituperio, posta nel 1231, si dice, su richiesta di Sant'Antonio e utilizzata quale berlina per i debitori insolventi. Secondo gli statuti del 1261, il debitore insolvente in camicia e mutande (di qui l'espressione in braghe di tela per indicare chi aveva perduto i propri beni) vi si doveva sedere tre volte, pronunciando la frase cedo bonis. Espulso dalla città , se si ripresentava e vi era colto, veniva sottoposto nuovamente a questa procedura, con l'aggiunta del rovesciamento di tre secchi d'acqua sul capo.

Il rilievo con il sole dorato posto sulla parete sud lascia passare attraverso la bocca il raggio di sole che a mezzogiorno colpisce sul pavimento una lunga asta meridiana graduata realizzata nel 1761 da Bartolomeo Ferracina.

Il ciclo di affreschi è articolato in 12 comparti. Inizia nell'angolo tra la parete orientale e quella meridionale con il mese di Marzo (Ariete) e termina con Febbraio (Acquario) sulla stessa parete. Ogni comparto è suddiviso in tre fasce di nove riquadri raffiguranti (dopo l'Apostolo che apre il mese) la rappresentazione allegorica del mese, del segno zodiacale, del pianeta, delle occupazioni dei mestieri, delle costellazioni. Infine, elemento più strettamente legato alle teorie del medico e pensatore Pietro d'Abano, le raffigurazioni delle simbologie astrologiche individuali, cioè dei caratteri umani articolati a seconda degli ascendenti al momento della nascita di ciascun individuo nello zodiaco.